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Il Presidente dell’Episcopato Polacco lancia un appello a votare contro la risoluzione a favore dell’aborto

Ufficio Stampa della Conferenza Episcopale Polacca / 22.06.2021
Photo: Il Presidente dell’Episcopato Polacco, credit_episkopat.pl
Photo: Il Presidente dell’Episcopato Polacco, credit_episkopat.pl

“L’aborto è sempre una violazione del diritto umano fondamentale alla vita, tanto più ripugnante in quanto riguarda la vita delle persone più deboli e del tutto indifese. Si tratta quindi di una manifestazione della più ingiusta discriminazione” – ha dichiarato l’Arcivescovo Stanisław Gądecki, Presidente della Conferenza Episcopale Polacca nella dichiarazione rilasciata a seguito del progetto di risoluzione del Parlamento Europe sul tema della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi nell’Unione Europa (Rapporto Matić).


L’Arcivescovo Stanisław Gądecki si è appellato ai membri del Parlamento Europeo a votare contro il progetto di risoluzione. Nella dichiarazione ha richiamato i cattolici che „nella situazione in cui vengono votati documenti sui diritti umani fondamentali e sui valori non negoziabili, non possono accettare alcun compromesso, ma devono opporsi chiaramente a tali iniziative”.

Il Presidente dell’Episcopato ha sottolineato nella dichiarazione che la competenza in materia di tutela della salute non è mai stata trasferita all’Unione Europea, e rientra quindi nella competenza esclusiva degli Stati membri. Ha ricordato che tutta l’attività dell’Unione Europea in questa materia dovrebbe essere „condotta nel rispetto delle responsabilità degli Stati membri nella definizione della loro politica sanitaria e per l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica”.

L’Arcivescovo Gądecki ha dichiarato che nel progetto sono state citate informazioni false, come ad esempio sul tema della protezione della vita in Polonia, e i suoi autori „utilizzando un concetto distorto di diritti umani, suggeriscono non solo che esista qualcosa come il ‘diritto all’aborto’ (…), ma anche che è uno dei diritti umani riconosciuti”. Il Presidente dell’Episcopato ha sottolineato che „Nessuno dei documenti internazionali sui diritti umani menziona l’esistenza di tale diritto”, ma che, al contrario, questi documenti garantiscono il diritto alla vita, non menzionando, invece, il diritto ad uccidere.

“L’aborto è sempre una violazione del diritto umano fondamentale alla vita, tanto più ripugnante in quanto riguarda la vita delle persone più deboli e del tutto indifese. Si tratta quindi di una manifestazione della più ingiusta discriminazione. La mera legalizzazione dell’aborto stravolge profondamente la vita sociale, figuriamoci se la si riconosce come ‘servizio sanitario essenziale’ – ha affermato l’Arcivescovo Gądecki

Il Presidente della Conferenza Episcopale Polacca ha fatto presente che gli autori della risoluzione, oltre al diritto alla vita, negano anche il secondo diritto umano fondamentale, il diritto alla libertà di coscienza. „Va detto che l’Unione Europea nella Carta dei Diritti Fondamentali menziona esplicitamente il diritto all’obiezione di coscienza, che è una caratteristica peculiare di questa organizzazione. Il diritto all’obiezione di coscienza, compreso quello del personale medico, è espressamente garantito nelle costituzioni di molti Stati membri. L’adozione della risoluzione potrebbe quindi essere considerata anche un attacco alle costituzioni di molti Stati membri” – ha sottolineato nella dichiarazione.

La discussione e la votazione sulla proposta di risoluzione del Parlamento europeo sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi nell’Unione europea (relazione Matić) è prevista per il 23 e 24 giugno 2021.

Ufficio Stampa della Conferenza Episcopale Polacca

Pubblichiamo il testo integrale della dichiarazione:

 

DICHIARAZIONE
DEL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE POLACCA
SULLA RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO SUL
DIRITTO DI ABORTO COME DIRITTO UMANO

È con profonda preoccupazione e stupore che ho ricevuto le informazioni sul progetto di risoluzione del Parlamento Europeo sul tema della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi nell’Unione Europea (rapporto Matić). Considerato che “in virtù del principio di attribuzione, l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati”, e “qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri” (Art. 5.2 TUE), e tenuto conto che la competenza in materia di tutela della salute non è mai stata trasferita all’Unione Europea, e rientra quindi nella competenza esclusiva degli Stati membri, si può concludere che gli autori della risoluzione chiedono una violazione del diritto dell’Unione. L’unico carattere portante della competenza comunitaria nell’ambito di cui sopra è esplicitamente confermato dall’art. 6 e dall’art. 168 TFUE. In questo settore “L’azione dell’Unione rispetta le responsabilità degli Stati membri per la definizione della loro politica sanitaria e per l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica” (art. 168.7 TfUE).

Gli autori della risoluzione nel progetto citano informazioni false, come ad esempio sul tempa della protezione della vita in Polonia, oltre a travisare il concetto di “diritti riproduttivi e sessuali” come un obbligo internazionale vincolante e un elemento dei diritti umani (tra le altre le lettere C , F, F del progetto di risoluzione). Inoltre, utilizzando un concetto distorto di diritti umani, suggeriscono non solo che esista qualcosa come il “diritto all’aborto” (tra le altre la lettera Y del progetto di risoluzione e la motivazione), ma anche che è uno dei diritti umani riconosciuti. Nessuno dei documenti internazionali sui diritti umani menziona l’esistenza di tale diritto, compresi i documenti citati dagli autori delle risoluzioni, cioè il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, la Convenzione sull’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione delle Donne o la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Questi documenti expressis verbis garantiscono il diritto alla vita, non menzionano, invece, il diritto di uccidere.

Facciamo presente che anche il diritto dei trattati UE conferma l’inviolabile dignità di ogni essere umano (art. 1 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE), il suo diritto alla vita (art. 2 della Carta dei Diritti Fondamentali UE) e il divieto di pratiche eugenetiche (art. 3b della Carta dei Diritti Fondamentali UE). L’UE si impegna inoltre a tutelare i diritti dei minori (art. 3 TUE). Inoltre, la Corte di Giustizia Europea nel caso Olivier Brüstle v Greenpeace eV ha ammesso che un embrione umano è portatore di dignità umana (punti 32 e 36).

L’aborto è sempre una violazione del diritto umano fondamentale alla vita, tanto più ripugnante in quanto riguarda la vita delle persone più deboli e del tutto indifese. Si tratta quindi di una manifestazione della più ingiusta discriminazione. La mera legalizzazione dell’aborto stravolge profondamente la vita sociale, figuriamoci se la si riconosce come “servizio sanitario essenziale” (essential health service), come chiedono gli autori della risoluzione (lettera J del progetto di risoluzione). Scriveva Giovanni Paolo II: “Quando una maggioranza parlamentare o sociale decreta la legittimità della soppressione, pur a certe condizioni, della vita umana non ancora nata, non assume forse una decisione «tirannica» nei confronti dell’essere umano più debole e indifeso? La coscienza universale giustamente reagisce nei confronti dei crimini contro l’umanità di cui il nostro [ventesimo] secolo ha fatto così tristi esperienze. Forse che questi crimini cesserebbero di essere tali se, invece di essere commessi da tiranni senza scrupoli, fossero legittimati dal consenso popolare?” (Evangelium vitae, 70) Il diritto alla vita è, in un certo senso, la cartina di tornasole della democrazia. Dove non è pienamente garantito, lo Stato cessa di essere una “casa comune” dove tutti possono vivere secondo i principi fondamentali di uguaglianza, trasformandosi in uno Stato tirannico, usurpando il diritto di disporre della vita dei più deboli e indifesi, dei bambini non ancora nati (cfr. Evangelium vitae, 20)

Gli autori della risoluzione, oltre al diritto alla vita, negano anche il secondo diritto umano fondamentale, il diritto alla libertà di coscienza, garantito anche dall’art. 10.1 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE. Rifiutano inoltre l’emanazione del diritto alla libertà di coscienza nella forma del diritto all’obiezione di coscienza garantito dall’art. 10.2 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE. Va detto che l’Unione Europea nella Carta dei Diritti Fondamentali menziona esplicitamente il diritto all’obiezione di coscienza, che è una caratteristica peculiare di questa organizzazione. Il diritto all’obiezione di coscienza, compreso quello del personale medico, è espressamente garantito nelle costituzioni di molti Stati membri. L’adozione della risoluzione potrebbe quindi essere considerata anche un attacco alle costituzioni di molti Stati membri.

Alla luce di quanto sopra, ci appelliamo a tutti i membri del Parlamento europeo a votare contro il suddetto progetto di risoluzione. Ricordiamo inoltre ai parlamentari cattolici che, nella situazione in cui vengono votati documenti sui diritti umani fondamentali e sui valori non negoziabili, non possono accettare alcun compromesso, ma devono opporsi chiaramente a tali iniziative. «Su questo principio l’impegno dei cattolici non può cedere a compromesso alcuno, perché altrimenti verrebbero meno la testimonianza della fede cristiana nel mondo e la unità e coerenza interiori dei fedeli stessi» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale su alcuni Aspetti dell’attività e della condotta dei cattolici nella vita politica), 3).

+ Stanisław Gądecki
Arcivescovo Metropolita di Poznań
Presidente della Conferenza Episcopale Polacca
Vicepresidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa

Varsavia, 22 giugno 2021

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